Vai col tango! L’Italia alla prova del nove nelle Autumn Nations Series

Il suono della campanella che avvisa l’imminente inizio della finestra autunnale sta per scoccare anche in Italia. Sabato 9 novembre gli Azzurri di Gonzalo Quesada sfideranno i Pumas nel primo dei tre incontri di Autumn Nations Series. Domenica 17 novembre a Genova arriva la Georgia e una settimana dopo è il turno degli All Blacks, ospiti allo Juventus Stadium per il gran finale dell’attività internazionale 2024.

Tre partite che presentano un coefficiente di difficoltà davvero elevato per molteplici ragioni. L’Italia negli ultimi 8 mesi si è tolta di dosso la reputazione di squadra materasso e gli avversari sanno bene che non è più tanto semplice venire nel Belpaese per fare bottino pieno.

D’altro canto, la possibilità di scivolare sulla fatidica buccia di banana è un fattore che impone cautela anche sul versante Azzurro. I risultati del Sei Nazioni e la discreta tournée estiva vanno inquadrati all’interno di un anno post Rugby World Cup, contraddistinto da un naturale riequilibrio di forze sullo scenario mondiale. Questo non svaluta le imprese messe in archivio nei mesi precedenti, ma obbliga a guardare il futuro senza un eccesso di trionfalismi.

Il pareggio con la Francia, i successi con la Scozia, il Galles, le prove di maturità con Tonga e Giappone sono dei risultati positivi che certificano una crescita evidente. Ogni volta che il sipario dei Test Match si alza però tutto riparte da zero e confermarsi rappresenta la sfida più difficile.

Graffianti e passionali: i Pumas vanno a caccia di risultati anche in Europa

L’ultima volta che l’Italia ha affrontato l’Argentina era il 2021. In quella occasione a Treviso vinsero i Pumas per 37 a 16, pur senza entusiasmare. Tre anni fa, in un grigio pomeriggio pandemico, si trovarono di fronte la peggior squadra del Sei Nazioni e la peggior squadra del Rugby Championship. Adesso invece la situazione è completamente diversa, con i sudamericani che possono battersi i pugni sul petto in virtù di un torneo australe giocato a grandi livelli e gli italiani che hanno ripreso quota a livello continentale.

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Felipe Contepomi ha rivitalizzato un gruppo già competitivo, che tra alti e bassi si era classificato quarto alla recente Rugby World Cup. Una terza linea di livello mondiale, un mediano d’apertura elettrizzante e un piano di gioco frenetico, rappresentano i punti di forza dei Pumas attuali. All’interno dei convocati per il tour europeo ci sono molti atleti emergenti, mentre mancano delle figure chiave come Tomas Lavanini, Marcos Kremer, Santiago e Mateo Carreras. In Friuli è lecito ipotizzare un’Argentina a metà tra lo sperimentale e il consolidato, una squadra che come ha detto Gonzalo Quesada “Ha ancora qualcosa in più di noi, ma con cui vogliamo giocarcela alla pari”.

Tra narrazione e realtà: sempre occhio ai Lelos

La Georgia ha ancora la nomea di squadra spauracchio. Non è più una novità, anche se i Lelos a dire il vero sono un po’ quelli di sempre. Continuano a dominare il Rugby Europe Championship (volgarmente chiamato Sei Nazioni B) e a porsi come l’unica Tier 2 capace di sparigliare le carte. I risultati ottenuti con le squadre della parte alta del ranking dicono altro: una vittoria di misura sul Giappone (in 14 per tutta la partita) e poi due sconfitte contro Australia e Fiji. Risultati che spiegano quanto i caucasici siano ancora un po’ al di sotto dello standard necessario per stare nel salotto buono.

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La guida di Richard Cockerill e dell’ex Benetton Julian Salvi contribuisce ad arricchire un know how tecnico non sempre sopraffino. La squadra invece deve fare i conti con un bacino di talento e un numero di giocatori di classe ancora un po’ esiguo, soprattutto al di fuori della mischia. Il ricordo di Batumi è ancora vivo, per questa ragione non si può dimenticare la pericolosità di Davit Niniashvili, un attaccante formidabile, capace di creare pericoli in ogni momento.

Non più al top, ma sono pur sempre gli All Blacks

Durante la Autumn Nations Cup gli All Blacks sono già scesi in campo contro l’Inghilterra a Twickenham. La vittoria risicata del 2 novembre ha restituito una squadra ancora lontana da quell’aura di imbattibilità che l’ha accompagnata per oltre un decennio. Chiunque parli di rugby in Italia tende a considerare la partita di Torino come l’unica impossibile delle tre, invece questa Nuova Zelanda è imperfetta, talvolta caotica, non dirompente sul piano fisico e deve essere messa alla frusta con tutte le energie possibili.

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Il divario tra noi e loro è ancora ampio questo va premesso. Sui palloni di recupero gli uomini di Scott Robertson sono maestri indiscussi, una prerogativa difficilmente separabile dal loro DNA. Il pack forse non esprime più quell’onda d’urto che abbiamo visto sino alla RWC 2023, ma sul piano del dinamismo anche questi All Blacks sono difficili da contenere. Resta il tema della profondità: oltre ad un primo XV di grande valore, si fa fatica a trovare lo stesso livello fra le riserve. Da valutare l’impatto che avranno le altre partite con Irlanda e Francia. Non è escluso che il match dello Juventus Stadium possa diventare un’ultima opportunità per chiudere il tour con le spalle al muro. E di cosa sono capaci i tuttineri quando non hanno alternative lo sappiamo tutti.

L’Italia: una squadra chiamata ad alzare l’asticella

Gonzalo Quesada ha convocato 34 giocatori, tra cui spiccano Giulio Bertaccini e Tommaso Di Bartolomeo come possibili debuttanti. Rientrano in gruppo Tommaso Allan, Pietro Ceccarelli, Alessandro Fusco e Dino Lamb, tutti assenti quest’estate. La maggior parte degli atleti coinvolti sono gli stessi che hanno portato a termine un Sei Nazioni lusinghiero e un Tour nel Pacifico abbastanza convincente.

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Tra i plus di questa squadra c’è la maturità che un buon numero di giocatori sta raggiungendo dopo anni di praticantato. Quel blocco lanciato da Franco Smith e composto dai vari Lamaro, Fischetti, Lucchesi, dai fratelli Garbisi e dai fratelli Cannone è nella fase centrale della propria carriera, con tanta esperienza acquisita nei club e ampi margini di miglioramento ancora da esplorare.

Lo staff tecnico ha a disposizione una linea dei trequarti in buon equilibrio tra compattezza, estro dei singoli e bravura nello svolgimento del game plan. Manca un po’ di continuità in mediana, dove Paolo Garbisi sembra essere il titolare più affidabile, mentre a numero 9 in assenza di Varney non c’è una vera e propria leadership nel ruolo. Il pack brilla in terza linea, mentre in seconda andrà verificata la profondità di un reparto in cui Ruzza e Cannone sono la coppia prediletta. In una prima linea collaudata che ritrova lo specialista Pietro Ceccarelli, si attendono segnali importanti da Mirco Spagnolo, in grande evidenza nell’avvio di stagione del Benetton.

Che cosa aspettarsi dunque da queste Autumn Nations Series? L’Italia di Gonzalo Quesada ha dimostrato di saper leggere bene le partite. Con il coach argentino si intravede una gestione più oculata del gioco al piede e gli sforzi in fase di possesso spesso portano punti sul tabellone. Non proprio una novità banale rispetto al recente passato.

Le combinazioni offensive dei vari Ioane, Capuozzo, Menoncello, Brex funzionano (come è facile immaginare) quando il pack riesce a tenere testa agli avversari senza cedere sul piano della fisicità. Sulle collisioni e nelle fasi statiche non possiamo vantare un tonnellaggio da primi della classe, dunque è necessario proseguire con tutte quelle strutture d’attacco di aggiramento, progressivamente letali nella parte finale del Sei Nazioni.

I tre match contro i Pumas, gli All Blacks e i Lelos saranno dei veri e propri stress test per i primi 8 uomini del pack, così come saranno una vera prova del nove per l’organizzazione difensiva generale. Da quei fatidici ultimi minuti di Italia-Scozia all’Olimpico si è rivista una squadra capace di imporsi negli impatti, di lottare per invadere il campo avversario.

Poi a luglio la brutta sorpresa di Apia, dove delle Samoa poco fantasiose ma molto abrasive, ci hanno costretto ad incappare in errori marchiani che ci sono costati una sconfitta bruciante. Sia l’Argentina che la Nuova Zelanda lavorano insieme da più tempo, possiedono un livello tecnico superiore e sono brave a manipolare le difese.

Guastare questi meccanismi è nelle nostre corde: gli Azzurri devono aprirsi delle opportunità per mettere in discussione le certezze dei competitor. Sgambettare chi ci sta sopra nel ranking sarebbe il più bel regalo che l’Italrugby può fare ad un movimento che crede con forza nel definitivo salto di qualità.