La media di 6,33 mete a partita descrive perfettamente il Rugby Championship 2022. Un torneo che si è giocato spesso a maglie larghe, con un’intensità ed una finezza nell’esecuzione dei gesti tecnici di livello inferiore al passato. Manca un anno al mondiale e forse era giusto aspettarsi uno spettacolo così.
Ecco il pagellone di ohvale.
Nuova Zelanda
Nella stagione più nera nella storia degli All Blacks, arriva comunque la vittoria del torneo. La diciannovesima per l’esattezza.
Il punto più basso del 2022 coincide con l’impresa dell’Argentina sul suolo neozelandese. Non per mancare di rispetto ai Pumas, ma in quella occasione la squadra guidata da Ian Foster è apparsa spettrale come non mai. Risalire da lì era più doveroso che facile. Gli uomini capitanati da Sam Cane ce l’hanno fatta, pur senza brillare, affidandosi al talento individuale piuttosto che ad un sistema di gioco affidabile e replicabile, ma ce l’hanno fatta.
L’uomo in più: Caleb Clarke. Le gambe esplosive del ragazzo di Auckland erano mancate. Con lui in campo le difese si squarciano con più facilità, lo stadio esplode e l’entusiasmo decolla. Citazione per Rieko Ioane, ficcante come sempre anche se, opinione personale, non riesco a vederlo come un centro.
Infine citazione anche per Richie Mo’unga che invece un’apertura lo è per davvero, e quando gioca al suo posto, in campo si vede la differenza.
Il momento top: la meta del 34 a 3 in gara 2 coi Pumas realizzata in pieno stile neozelandese. Dai 22 in difesa alla linea di meta avversaria con il mix di atletismo e comprensione che tutti conosciamo.
Voto: 6 + di incoraggiamento. Perchè dopo la serie estiva con l’Irlanda nessuno si aspettava di vederli alzare una coppa. La sufficienza è tutta dedicata alla voglia di scrollarsi di dosso l’apatia mostrata nella prima parte del torneo.
Sudafrica
Sono i secondi classificati, ma anche i primi a mordersi le mani per dei punti pesanti lasciati sul campo, in particolar modo in Australia. I Boks hanno vissuto il Championship in modalità ‘cantiere aperto’ e lo sguardo palesemente rivolto alla Coppa del Mondo. Non sono in preda ad un robusto cambio pelle, anche perchè nel listino dei convocati galleggiano veterani ultratrentenni come Frans Steyn, Duane Vermuelen, Willie Le Roux. Semmai sembrano una squadra alla ricerca di certezze, impegnata ad allargare in maniera robusta il bacino di utenza dei giocatori di profilo internazionale, specialmente in alcuni ruoli piuttosto delicati per l’economia del gioco. Allo spot di Mediano di Apertura si sono visti nell’ordine: Jantjes, Pollard, Willemse e Frans Steyn. Questo giusto per certificare (al netto degli infortuni) un assetto in mediana ancora incerto.
L’uomo in più: Damien De Allende. Nella fluidità delle formazioni di Nienaber, l’ex centro del Munster è stato il più presente. E anche il più consistente. Citazione d’obbligo per Malcolm Marx, attualmente miglior n.2 del mondo senza alcun dubbio.
Il momento top: Handrè Pollard in uno dei piatti preferiti del menù sudafricano: il drop. Cucinato a fuoco lento e scoccato al momento giusto di gara 1 contro la Nuova Zelanda
Voto: 6 – per la velata delusione. Questa era una edizione in cui gli Springboks dovevano portare a casa la pagnotta. Cioè vincere. È indiscutibile che il loro marchio di fabbrica, tutto mischia e difesa avanzante, funzioni ancora. Appena provano a uscire dal solito canovaccio, sembrano perdere di efficacia.
Australia
Non è stata un’edizione esaltante per gli australiani. Gli uomini di Rennie continuano nella loro discontinuità. Emblematiche le prime 4 gare di RC: partite vissute sulle montagne russe del doppio confronto in cui ad una vittoria convincente ha fatto seguito sempre una sconfitta deludente. La doppia sfida di Bledisloe Cup, togliendo la rimonta azzoppata in gara 1, ha mostrato più difetti che pregi.
A dirla tutta, non sono tanto i risultati delle singole partite a destare preoccupazione. L’Australia infatti si trova a dover accelerare il percorso di costruzione di un collettivo più affidabile in vista della RWC. A occhio sembra che ci sia un mix di talento assemblato un po’ alla rinfusa, con momenti di alta prestazione davvero molto alti e punti di basso rendimento davvero troppo bassi. Quando i canguri decidono di giocare un rugby d’attacco, veloce e spregiudicato, diventano belli, oltre che concreti. Quando la trama offensiva non funziona invece vanno in confusione e cadono in errori madornali, soprattutto in difesa, dove l’assenza di due tagliole come Hooper e Kerevi si è sentita soprattutto in termini di leadership. Ad oggi è una squadra che può vincere con chiunque, ma anche perdere con tutte le prime 10 squadre del ranking mondiale.
L’uomo in più: Pete Samu. Inspiegabilmente utilizzato solo come impact player, non appena è entrato nel XV titolare ha mostrato di valere la scommessa. È un giocatore che per caratteristiche fisiche e letture può fare davvero tanto male alle difese. Perchè non dargli più spazio?
Il momento top: La meta di Pete Samu in gara 1 di Bledisloe Cup nel momento di maggior furore agonistico del Championship.
Voto 5.5 all’incostanza. Anche per loro vale la disamina fatta sulle altre squadre. Non contano i risultati delle singole partite, nemmeno i 10 punti in classifica, conta quella linea di continuità che gli uomini di Rennie non riescono a tracciare. Non basta un listino di giocate fantasmagoriche per conquistare la sufficienza.
Argentina:
Archiviato un 2021 fallimentare, era logico aspettarsi una reazione. La cura Cheika non ha tardato a far sentire i suoi effetti. I Pumas in versione 2022 infatti sono una squadra rinvigorita, dinamica e a tratti sfrontata. Di sicuro impegnativa da affrontare per chiunque. Lo sanno bene australiani e neozelandesi che dai biancocelesti hanno preso due belle batoste. In termini generali il Championship 2022 è un mezzo successo. Due scalpi prestigiosi e una rinnovata facilità nel competere con i migliori al mondo, ricollocano l’Argentina nella posizione in cui deve stare. Sul piano tecnico si è vista una rinascita della ‘garra’ tipica dei sudamericani. Kremer, Matera, Montoya, Lavanini, sono stati magnifici interpreti delle battaglie dei breakdown. Qualche ombra invece sulla stabilità della mischia chiusa e sulle capacità di trovare ripetutamente spazi in mezzo al campo quando si innesca la linea arretrata. Ma con uno staff di quella caratura ci sarà spazio e tempo per migliorare.
L’uomo in più: Emanuele Boffelli. l’estremo di Edimburgo è un cecchino seriale. Miglior marcatore dell’edizione 2022 insieme a Mo’ounga con 71 punti, ha garantito una grande sicurezza al triangolo allargato, diventando irrinunciabile per gli equilibri degli argentini. Citazione per Juan Martin Gonzalez Samso, atleta a dir poco eccellente.
(leggi l’approfondimento di Lorenzo Calamai L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DI JUAN MARTIN GONZALEZ SAMSO)
Il momento top: la meta di Gonzalez che sigilla la prima vittoria della storia in casa degli All Blacks
Voto 6.5 di incoraggiamento. Hanno avuto la peggior differenza punti del torneo. Al contempo hanno finito ad un solo punto di distanza in classifica dall’Australia, un risultato che solo qualche mese fa sembrava abbastanza difficile.