Prima o poi tutti si ricredono, è solo una questione di quanto si è disposti ad insistere. Tadhg Beirne ha insistito a lungo, in una casacca o in un altra, ed è arrivato dove il cuore gli diceva che sarebbe potuto arrivare.
Compirà 30 anni il prossimo 8 gennaio, ma il suo arrivo sui palcoscenici più importanti del rugby mondiale è cosa nuova, recente.
Con il tempo che passa in maniera diversa in questi anni segnati dalla pandemia, ci abbiamo fatto l’abitudine a vedere il suo faccione dalle guance piene, con l’ombra della barba incolta, il caschetto azzurro cielo e quel sorriso a trentadue denti che sfodera solo fuori dal campo, dove invece ha sempre un’espressione rude e accigliata.
Una compilation di highlights, giusto per capire le ragioni di un articolo monografico
Basta però un facile esercizio di memoria per ricordarsi di quando Tadhg Beirne era un nome nuovo, una sorpresa emersa più o meno dal nulla dopo essersi perso nei bassifondi del professionismo irlandese, dove la sua figura eccessivamente longilinea e l’assenza di avi sudafricani lo ha da sempre sfavorito.
Chi ha puntato più di tutti su di lui, infatti, è stato un neozelandese trapiantato in Galles, Wayne Pivac. L’attuale capo allenatore della nazionale del Dragone ha deciso di puntare le proprie fiches sul seconda linea che allora marciva a Leinster senza sapere che gli avrebbe consentito di vincere il primo e finora unico titolo di Pro12, come si chiamava allora, degli Scarlets.
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Dopo aver fatto parte della nazionale irlandese under 20 sesta al mondiale giovanile del 2012 insieme a JJ Hanrahan, Kieran Marmion e Jack Carty, infatti, Tadhg Beirne aveva debuttato due stagioni più tardi con la prima squadra del Leinster: 64 minuti in casa contro il Connacht a dicembre del 2014, in cui ricevette anche un cartellino giallo.
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Chissà se fu quel pizzico di indisciplina a costargli una valutazione che da parte dello staff tecnico non può non essere stata negativa, visto che a quell’ora di gioco seguirono appena 40 minuti (in 4 diverse occasioni) nella stagione successiva e sei partite della British & Irish Cup, dove le squadre selezionavano fondamentalmente solo le proprie quarte scelte.
La maggior parte del tempo, Beirne era impiegato in maniera continuativa con il Leinster A, la seconda squadra che tiene impegnate le riserve. Nel frattempo, faceva il fattorino per una pizzeria di Dublino per guadagnarsi da vivere e manteneva attiva una carriera universitaria senza troppa convinzione.
Talmente poca convinzione da pensare che a quel punto fosse meglio provare il tutto per tutto, emigrare in Galles dove la squadra di Llanelli gli aveva offerto un contratto, e lasciar perdere l’idea di dedicarsi a tempo pieno alla laurea.
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La parabola ascendente di Tadhg Beirne incomincia il 3 settembre del 2016, con Scarlets-Munster, una sconfitta che però dà il via a una stagione folgorante per i gallesi e per lui: diventa quasi subito un titolare della squadra e le sue abilità sono perfettamente congeniali al tipo di gioco offensivo e basato sulle skills individuali proposto da Pivac.
Nonostante il suo metro e 98, Beirne è un agile sciacallo nel punto d’incontro, capace di piegarsi a metà come un arcaico modello di telefonino sul pallone. Ha molta forza nella parte superiore del corpo, ma il suo essere longilineo gli permette anche di mantenere una bella velocità e rapidità in campo aperto. Cresce così un giocatore atipico, non solo capace saltatore in rimessa laterale, non solo solido in mischia chiusa e nel drive, ma anche un’arma importante in giro per il campo.
Vittoria del Pro12 nel 2017, miglior giocatore del campionato nel 2018, applausi che piovono da tutte le parti, giornalisti irlandesi che si chiedono indignati com’è che questo ragazzo ci sia passato tra le mani e non abbiamo capito cosa poteva fare.
After over 3,000 votes and the expert opinion of @BTSportRugby’s @BrianODriscoll, @Scarlets_Rugby‘s try that was finished superbly by Tadhg Beirne, is the #ChampionsCup Try of the Season. pic.twitter.com/0JMdsn4uFk
— Heineken Champions Cup (@ChampionsCup) May 30, 2018
Sono passati solo 3 anni, ma che nostalgia per questi Scarlets. Rhys Patchell, dovevi essere il Beauden Barrett gallese…
Non è un problema: Joe Schmidt, altro neozelandese rilevante per la sua carriera, lo chiama.
“Riattraversa il mare, Tadhg, e potrai giocarti le tue carte” gli dice, in sintesi. Non gli promette una maglia, ma di essere considerato. E così, Beirne firma per Munster e a giugno del 2018 debutta in nazionale contro l’Australia.
A Limerick, in queste quattro stagioni, ha affinato ancora di più il suo gioco. Ha acquisito tanta fiducia, ha messo qualche altro chilo di muscoli, è diventato un giocatore ancora più completo, non più un pesce fuor d’acqua nell’acquario del rugby irlandese. Complice anche un’evoluzione sottile del gioco, che oggi premia sempre di più le abilità tecniche, in qualunque ruolo, invece dei brontosauri in autostrada.
La titolarità al Sei Nazioni 2021 (5 presenze, 2 mete, 2 volte man of the match) gli ha consentito di mostrarsi agli occhi di Warren Gatland, che se l’è portato in Sudafrica. Alla fine, ha preferito puntare su Courtney Lawes invece che su di lui.
Forse la maglia rossa dei Lions non riuscirà ad indossarla di nuovo: nel 2025 avrà 33 anni. Mai dire mai, ma i suoi obiettivi adesso sono altri.
In una carriera segnata da un lungo cammino e dalla continua lotta per affermarsi, ogni volta ad un gradino superiore, per Tadhg Beirne ci sono rimasti due traguardi sui quali mettere il timbro: un trofeo per il Munster e una semifinale mondiale per l’Irlanda.
Ricordate l’inverno del 2021, potrebbe essere l’inizio di un altro, speciale pezzo di una grande storia.