Il secondo appuntamento del Diario di 2 ci porta a parlare di ciò che ruota intorno al rugby d’oltralpe. Gli stadi, il tifo, il clima. Con un occhio ai luoghi in cui Edoardo & Edoardo vivono la loro vita da atleti anche fuori dal campo.
Qui Colomiers. Edoardo Gori
Ugo è fermo da due settimane, cioè da quando le partite della sua squadra sono state rinviate a causa dei frequenti casi di Covid che stanno attanagliando il rugby francese. Prima della sosta forzata il Colomiers aveva giocato 5 partite vincendo 4. In classifica è sesto e domenica 8 novembre giocherà in casa del Carcassonne.
A marzo siete stati bloccati mentre eravate inaspettatamente in testa al Pro D2. In questa strana stagione segnata dall’emergenza del Coronavirus vi siete comunque posti l’obiettivo di salire in Top 14? Voi che a Colomiers avete Tolosa come club vicino e interlocutore principale, avete chiaro che cosa vi separa dal massimo livello francese?
I rapporti con Tolosa sono frequenti è vero, e nello specifico ci siamo allenati insieme l’estate scorsa, nello stesso periodo in cui è venuto a farci visita per condurre una seduta collegiale, il coach della Nazionale Fabien Galthiè. Confrontandoci con lo Stade abbiamo capito che forse è ancora un po’ presto per immaginare il Colomiers in Top 14. Se alla fine dello scorso campionato fossimo stati promossi, credo che ci sarebbero volute molte cose da adeguare per competere nella categoria superiore. Il budget societario in primis, che è una voce irrinunciabile per stare in quel contesto.
Quando penso invece esclusivamente al campo, vedo che il nostro collettivo ha delle qualità importanti, i ragazzi si muovono bene e riusciamo anche ad esprimere un rugby molto armonico, ma l’intensità del Pro D2 seppur alta, è prevedibilmente meno alta del Top 14.
Nel complesso, se devo tracciare un elemento distintivo rispetto al Top 14, direi che il Pro D2 evidenzia un piccolo gap sulla gestione individuale del proprio status di professionista. In Top 14 i giocatori si preparano molto sulle specificità del proprio ruolo, studiano il rugby, analizzano il regolamento e gestiscono individualmente tutti quei dettagli che inevitabilmente alzano la qualità di un atleta.
Hai vissuto nella città forse più ovale d’Italia e ora stai facendo lo stesso in Francia. Domanda secca: meglio vivere a Tolosa o a Treviso?
Sono stato a Treviso 10 anni e la considero casa mia. Quando sono arrivato in Veneto fui subito accolto bene e questo mi ha consentito di ambientarmi facilmente, di costruire delle relazioni umane davvero solide, anche e soprattutto fuori dal contesto della Benetton. Certo che anche Tolosa regala un’atmosfera molto intrigante. La città è vivace, si vive in tutto e per tutto ‘a la francaise’. I giovani, di cui molti sono studenti universitari, nel fine settimana se ne vanno al mercato centrale, fra una bottiglia di vino e una assiette di formaggi, vivendo la città con uno stile sereno e compassato, che di fatto è lo stile tipico del sud. Poi c’è il rugby, che qui è molto più di uno sport, ma se dovessi scegliere così su due piedi fra Treviso e Tolosa non avrei dubbi: preferisco ancora Treviso.
Nonostante il Covid abbia modificato sensibilmente gli accessi alle manifestazioni sportive, in Francia il rugby è un fenomeno sociale da vivere sulle tribune degli stadi. Quale tifoseria fino ad oggi ti ha colpito di più?
Come ti dicevo, quando si parla di rugby Tolosa è una città speciale. Lo scorso anno ho visto 7 partite dello Stade, e cosa posso aggiungere? Le persone si vestono con il merchandising della squadra, leggono i quotidiani sportivi e poi parlano di rugby al bar, l’Ernest Wallon prima dell’emergenza sanitaria era pieno come uno stadio di calcio in Italia (Lo Stade Touloisain ha registrato 18.000 spettatori di media fino all’interruzione dovuta al Covid. Per fare un paragone con il calcio, l’Atalanta in Italia nel 2020 ne ha fatti 19.000). Quella dello Stade è assolutamente la tifoseria più calda e numerosa che abbia mai visto.
Qui Vannes. Edoardo Iachizzi
Edoardo è reduce da una vittoria importante a Nevers in cui ha giocato titolare per 8o minuti. Dopo 8 turni i vannettois sono primi in classifica e sabato 7 novembre, giocheranno a Biarritz. Abbiamo fatto qualche domanda anche a lui sul campionato e soprattutto sull’atmosfera del rugby francese dopo che in estate è passato dal profondo sud di Perpignan al profondo nord della Bretagna.
Edoardo, state andando fortissimo. Ci racconti brevemente come è andata con Nevers? Vi candidate ufficialmente per un posto in Top 14?
Abbiamo vinto un match point importante. Nevers è una squadra dura che ha dichiarato apertamente di puntare ai play off. La partita è andata bene perché siamo stati efficaci soprattutto in difesa e nel gioco al piede. Questo ci ha consentito di guadagnare la testa della classifica anche se, va detto, è una leadership temporanea. Sul piano personale ho giocato 80 minuti e sono abbastanza soddisfatto. È il terzo match consecutivo che gioco con Vannes e sono contento perché sto prendendo sempre più confidenza con la squadra, con le dinamiche del gruppo e con le esigenze tecniche richieste dallo staff di allenatori.
A proposito di promozione, direi che è ancora presto parlarne. Se butti un occhio alla classifica potresti anche pensare che siamo fra i candidati, ma in spogliatoio nessuno ne parla perché tutti sappiamo quanto sia lungo e duro il Pro D2. È un campionato a 16 squadre con i play off, piuttosto equilibrato tanto nei budget quanto nei valori tecnici. Vincerlo significa vincere una maratona. Certo è che da qui alla fine può succedere ancora di tutto.
Come per Ugo, anche per te c’è la fatidica domanda: meglio il nord o il sud della Francia?
Purtroppo fra lockdown e coprifuoco è un po’ presto per dare un giudizio onesto e completo sulla vita in Bretagna. Il carattere delle persone qui è abbastanza simile sia fuori che dentro il campo da rugby. Fra nord e sud ci corre una differenza non troppo marcata ma evidente per ciò che riguarda il calore umano delle persone. Al sud si vive la quotidianità in modo più scanzonato, si frequentano molto i luoghi di aggregazione e ciò che risalta nel rugby è lo spirito goliardico, l’aperitivo alla brasserie del club, la frequentazione dello stadio. In Bretagna invece il rugby è un po’ diverso perché rappresenta un novità della geografia ovale di Francia. Questa è una regione prevalentemente calcistica, ancora non abituata alla ribalta nazionale della Pro D2, dove però i risultati del Vannes hanno spostato tante persone a seguire la squadra dal vivo. Lo stade de la Rabine viaggia intorno alle 7500 unità di media a partita, un dato che nel 2019 collocava il club al terzo posto della Pro D2 come affluenza di pubblico. Detto ciò, a Vannes sto bene e spero di poter vivere più serenamente il processo di immersione culturale, magari senza il condizionamento del Covid.
Capitolo tecnico. Quale squadra, quale giocatore e quale tifoseria ti hanno colpito di più da quando vivi in Francia?
Alla prima domanda rispondo Tolosa, contro cui ho giocato in amichevole pre stagionale due anni fa. Sono una miscela esplosiva fra campioni affermati e nuove leve, poi mettono in campo un rugby totale, entusiasmante e divertente: non posso fare a meno di seguirli.
Il giocatore più forte che ho mai incontrato invece è Jono Ross, n.8 sudafricano dei Sale Sharks, affrontato durante l’edizione 2018/19 della Challenge Cup. Un atleta in tutto e per tutto, solidissimo sul piano fisico, duro da fronteggiare nel lavoro sporco, che mette una grande leadership in ogni cosa che fa. Di quei giocatori che è meglio avere in squadra piuttosto che giocarci contro.
Sulla tifoseria più calda non posso fare a meno di citare Perpignan. Ho avuto la fortuna di passare degli anni bellissimi nella Catalogna francese, dove accanto alla squadra avevamo un gruppo di tifosi completamente matti che ieri come oggi vivono h24 in funzione dell’USAP. E attenzione che nonostante la caduta in Pro D2, quando si tratta di Perpignan stiamo parlando di un club che trasuda storia e passione ad ogni latitudine. Nella stagione 2018/19 il Top 14 è stato un disastro, praticamente quasi sempre sconfitti, eppure lo stadio Aimeè Giral era costantemente pieno, popolato da tifosi festanti e spesso anche un po’ ubriachi. Penso che per comprendere quanto sia importante il rugby a Perpignan si debba andare indietro fino al 6 maggio 2018, il giorno della finale di Pro D2 contro Grenoble. Lo stadio designato era quello di Tolosa, circa 19.000 spettatori di capienza. Non appena la LNR ha messo in vendita i biglietti, equamente divisi per le due tifoserie, migliaia di tifosi sono andati in macchina a Grenoble percorrendo un migliaio di km andata e ritorno solo per comprare i tagliandi utili per entrare allo stadio. Il risultato è presto detto: a Tolosa c’erano 18.000 tifosi sang et or assiepati fuori dagli spalti fra cori, tamburi e grigliate. Grenoble da parte sua ha risposto con un migliaio di tifosi. In quell’atmosfera poi è stato facile vincere per 38 a 13 e tornare in Top 14.
Come anticipato, nel week end torna in campo il Pro D2 con 8 incontri. Sarà dura per Vannes, un po’ più agile per Colomiers. Almeno secondo i pronostici della vigilia.
Ricordiamo che per rimanere aggiornati sulla classifica e l’andamento della seconda serie francese potete consultare i portali ufficiali:
https://www.lnr.fr/rugby-pro-d2 Ligue Nationale Rugby
https://www.rugbyrama.fr/rugby/pro-d2/ Rugby Rama – la bibbia online del rugby francese.