Happy Easter

“Il mio peggior compagno di stanza in carriera è stato Nick Easter – dice Ugo Monye, ex Harlequins e 14 caps con l’Inghilterra – E’ anche uno dei miei migliori amici, ma ho passato sette settimane in camera con lui prima della Rugby World Cup 2011. Sorvolando su alcuni aspetti della sua igiene personale, in quel periodo voleva essere in formissima: forte, veloce, esplosivo. Quindi metteva ogni mattina la sveglia alle 6 per prendere un bruciagrassi. Non si è svegliato una volta che fosse una.”

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Rugby World Cup 2007. Sudafrica 15 Inghilterra 6.

Nick Easter: “E’ ancora una grossa delusione ed è qualcosa che mi porterò con me fin nella tomba. La più grande partita in cui ho giocato e non siamo riusciti a fare il lavoro che dovevamo.”

“A posteriori, posso dire che il Sudafrica fu la squadra migliore del torneo, ma questo non mi consola. La finale fu tiratissima e se non fosse stato per qualche punizione stupida o per una meta annullata avrebbe potuto essere nostra e adesso ci avrebbero fatto su un film.”

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Rugby World Cup 2011, quarti di finale: Francia 19 Inghilterra 12. I giocatori della nazionale inglese si fanno beccare alticci (eufemismo) in un pub australiano dove è in corso una gara di dwarf tossing (un tiro al bersaglio con una persona affetta da nanismo ricoperta di velcro al posto della freccetta) mentre sono sulla via del ritorno in patria. Nel frattempo, qualcuno racconta alla stampa che per commentare la sconfitta Easter se ne sarebbe uscito con un ammirevole: “Praticamente abbiamo buttato nel cesso 35mila sterline”, riferendosi al premio qualificazione. Gli costerà l’esclusione dalla nazionale per 4 anni.

Qualche anno più tardi: “Magari l’avrò anche detto, ma era umorismo nero, una facezia. Ero delusissimo come tutti dopo il quarto di finale: sei lì, in spogliatoio, probabilmente un’ora o un’ra e mezzo dopo la partita e sei ancora vestito da gioco, chiacchierando con un compagno di quello che è accaduto come sempre quando perdi delle partite importanti.”

“E probabilmente ho detto così a qualcuno che non ha colto la poca serietà dell’affermazione.  O magari qualcuno ha origliato e ci ha creduto.”


Nell’ultima puntata di Quindici, il podcast di Ohvale, parliamo proprio di numeri 8 come Nick Easter. Anzi, a un certo punto lo citiamo anche, il vecchio Nick Easter

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Nel 2018 John Kingston, director of rugby degli Harlequins chiede a Easter di fare un’ultima stagione da giocatore/assistente allenatore. Rifiuta: non riuscirebbe a essere al 100% in entrambe le situazioni. Lascia il rugby e diventa allenatore subito.

“So di essere stato un giocatore vecchia scuola, di essere uno sportivo vecchia scuola e di dovermi modernizzare diventando un allenatore. Ma è questo ciò che mi piace di più dell’allenare. Non solo tutta la roba tattica e tecnica, che certo mi interessa ma di cui alla fine sono capaci tutti. La gestione delle persone mi affascina.”

“Ci sono giocatori a cui piace ovviamente sentirsi dire che sono bravi e tutto il resto, ma ce ne sono alcuni ai quali non piace per niente. Prendiamo ad esempio un giovane come Marcus Smith, un giocatore pazzesco che se mantiene questo approccio mentale arriverà davvero in alto. Lui non vuole questo, è un giocatore ipercritico, durissimo con sé stesso prima di ogni altra cosa, che vuole continuamente migliorare. E c’è tutta una generazione di giovani, 21/22 anni, a cui è stato instillato questo essere autocritici. A questi giocatori non puoi dire ‘bravissimo’ o ‘grande lavoro’ anche se non è così. Saresti disonesto, e questo i giocatori lo vedono.”

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Una volta, in conferenza stampa: “I’d like to thank the media from the top of my bottom”, che più o meno sarebbe ‘vorrei ringraziare i media dalla cima del mio fondoschiena’.