Adieu Sei Nazioni 2025, è tempo di bilanci

Il Sei Nazioni 2025 è andato in archivio, lasciandoci emozioni, qualche sorpresa e molti spunti di analisi. In questo articolo, ripercorriamo i temi più caldi del Torneo, le prestazioni delle squadre e i protagonisti che hanno segnato questa edizione, con un focus particolare sull’Italia e sul suo percorso.

Francia e Inghilterra Uber Alles

Il Sei Nazioni lo ha vinto la squadra più dominante, la più brava a trovare soluzioni senza stravolgere la qualità generale di un organico già molto forte. Thomas Ramos ha realizzato 71 punti e quando è stato chiamato a dirigere il gioco da mediano di apertura lo ha fatto egregiamente. Lo stesso vale per altri giocatori chiamati in causa e poi autori di prove decisive, come Lucu, Guillard, Attisogbè, Barrè. Un concetto che vale anche per i 7 sceriffi del 7+1. La strategia ‘forward oriented’ ha funzionato eccome, diventando progressivamente una delle chiavi della vittoria finale.

Va detto che questa edizione 2025 non partiva al meglio per la Francia. I Bleus erano reduci da una tournée estiva molto controversa per i noti fatti di cronaca accaduti in Argentina, in più le aspettative dell’opinione pubblica dopo le belle prestazioni di novembre erano inevitabilmente alte. Tutti elementi che di solito giocano brutti scherzi dalle parti di Parigi. La sconfitta di 1 punto contro l’Inghilterra ha scatenato la prima vera reazione positiva della gestione Galthiè, abile come non mai a ricompattare il gruppo verso l’obiettivo più grande della stagione.

Sotto di loro finalmente si è vista un’ Inghilterra rediviva, che ottiene il miglior risultato dell’era Borthwick e fa definitivamente pace con l’esigente pubblico di Twickenham. La nota lieta è prima di tutto fisica: la squadra è andata in crescendo, diventando quasi inarrestabile nelle ultime due giornate. È vero che gli avversari si chiamavano Italia e Galles, ma è anche vero che con la regia di Fin Smith e il lavoro incessante di un pack guidato in maniera magistrale da Maro Itoje sono arrivati 115 punti in due gare.

Sul piano tecnico invece persiste qualche incertezza difensiva, comunque compensata da un attacco multiforme e molto più concreto rispetto al recente passato. Tommy Freeman, 5 mete in 5 partite, è l’emblema di questa Inghilterra moderna, vigorosa e affamata di vittoria.

Bene, non benissmo: Irlanda e Scozia

Il terzo posto non è esattamente ciò che l’Irlanda si aspettava. Dopo due edizioni in cui ha messo in fila abbastanza agilmente tutte le contendenti, stavolta il bis è mancato. Al contrario dell’Inghilterra, il percorso degli uomini di Simon Easterby è diventato via via meno brillante, fino al match con l’Italia in cui hanno seriamente rischiato di scivolare sulla fatidica buccia di banana.

Sia chiaro, nessun può avanzare critiche eccessive a un collettivo che sta sulla cresta dell’onda da un lustro abbondante. Semplicemente l’Irlanda ha dovuto fare i conti con degli avversari più in forma e anche più bravi a mettere loro la sabbia negli ingranaggi. Ci sono degli spot in cui il tasso di usura inizia a farsi sentire (ad esempio la coppia dei centri), altri in cui i giocatori hanno semplicemente reso un po’ meno di quanto ci si aspettasse. La sostanza è che l’Irlanda continua ad attaccare con un imprinting chiaro, ma senza un faro del calibro di Jonathan Sexton a fare pentole e coperchi diventa complicato trovare sempre soluzioni valide per aggirare gli avversari.

La Scozia è ancora una volta la grande incompiuta dell’emisfero nord, talmente incompiuta che forse è arrivato il momento di accettarla per quello che è: una buona squadra incapace di fare il salto di qualità. Gregor Townsend è in carica dal 2017 e nonostante la continuità gestionale più lunga di sempre i dark blues fanno ancora fatica a spiccare il volo. Rispetto alla Top 3 del Sei Nazioni manca un po’ di profondità e anche un certo tipo di compattezza nei momenti cruciali. Ogni prova di maturità corrisponde ad una nuova delusione e la classifica parla chiaro: dal 2020 ad oggi la Scozia è sempre arrivata quarta, eccetto nel 2023.

Un passo sotto le migliori, un passo sopra le peggiori. Questo non significa che la squadra di Townsend non sappia toccare vette altissime. Quando la linea dei trequarti si muove in armonia sono dolori per tutti le difese, lo confermano i numeri: 154 difensori battuti in una singola campagna, il dato più alto di sempre (la Francia nel 2000 si era fermata a 152). L’ assenza di Sione Tuipulotu è stata ben compensata dalle skills distributive e la fisicità di Tom Jordan, mentre sulla classe di Huw Jones, Darcy Graham, Duhan Van Der Merwe e Blair Kinghorn c’è ben poco da aggiungere. L’apporto del pacchetto invece non è stato così rimarchevole come ci si aspettava: qualche crepa in mischia ordinata, poco dinamismo delle seconde linee a cui si aggiunge la mancanza di una vero e propria ball carrier di classe mondiale capace di alzare il livello degli impatti in terza linea.

Italia e Galles, lotta di sopravvivenza

Il Sei Nazioni dell’Italia è stato sufficiente. Gli Azzurri hanno vinto la partita che dovevano vincere e sono riusciti a portare a casa un bonus difensivo contro una squadra nettamente più attrezzata come l’Irlanda. Contrariamente al 2024 è mancato l’effetto sorpresa, un qualcosa che andava messo in conto visto lo stato di grazia delle competitor. Dunque non vi è grasso che cola stavolta: un 6 pieno e non oltre.

Veniamo ai nodi più controversi: 29 mete subite in 5 partite sono tantissime, anche perché eccetto il Galles, tutte le altre squadre contro di noi hanno sempre messo in cascina il punto di bonus senza che ci potesse essere mai l’impressione di un muro invalicabile e impossibile da superare. La difesa è una nota stonatissima che si somma ai problemi di profondità dell’organico. L’usura di un torneo intenso come il Sei Nazioni si fa sentire soprattutto per l’Italia, una squadra generosa ma anche costretta a soluzioni obbligate.

Dove la nostra nazionale mantiene un trend positivo è nel gioco al piede. Tommaso Allan rimane molto affidabile dalla piazzola e i trequarti si sono dimostrati capaci di usare varie tipologie di calci come strumento di attacco. Così sono nate le mete di Capuozzo contro il Galles e l’Inghilterra, quella di Ioane contro l’Irlanda e tante alte situazioni pericolose da controllare per gli avversari. La coppia dei centri è una realtà assodata, con Tommaso Menoncello in versione Nembo Kid, per il secondo anno consecutivo nominato come miglior giocatore del torneo. La mischia ha tenuto nelle fasi ordinate, dimostrandosi sostanzialmente competitiva contro Scozia e Galles, sofferente contro Francia e Inghilterra, interlocutoria contro l’Irlanda. Era difficile ottenere qualcosa di diverso, bisogna essere coscienti di questo senza troppi voli pindarici.

È andata peggio al Galles, che ha dovuto sopportare l’onta del secondo cucchiaio di legno in due anni, comprensivo della rimozione di Warren Gatland dall’incarico di head coach. Gli scatti d’orgoglio contro Irlanda e Scozia non sono abbastanza per dare una valutazione positiva: il presente è grigio perché il passato è stato gestito male. Fa impressione vedere i Dragoni al 12esimo posto del ranking, ultimi nel Torneo a leccarsi le ferite con 195 punti subiti e solo 76 realizzati.

Il problema è generalizzato, perché i giocatori giovani sono troppo acerbi per il livello imposto dalle avversarie, mentre i pochi senatori rimasti non brillano per freschezza e incisività. Si salvano alcuni gladiatori come Taulupe Faletau e Jac Morgan, di gran lunga i migliori insieme a Blair Murray, probabilmente il rookie più interessante del Sei Nazioni 2025. Il nuovo allenatore dovrà lavorare a fondo per rialzare l’animo di una squadra che dal quarto di finale della RWC 2023 ha solo accumulato una serie impressionanti di frustrazioni.

Sputo fatti (e numeri random)

Addio al Sei Nazioni 2025, una delle edizioni più emozionanti degli ultimi anni, visto che all’ultima giornata c’erano tre squadre in lizza per il titolo. Con 108 mete si è toccato il record assoluto di segnature e i 829 punti totali rappresentano il numero più alto mai segnato in un Sei Nazioni, che supera il precedente record di 803 punti sigillato nel lontano 2000. Da qui a definirlo il Torneo più bello di sempre ce ne passa. La chiesa è tornata al centro del villaggio con Francia, Inghilterra e Irlanda che fanno una corsa, Scozia, Italia e Galles che ne fanno un altra.

Thomas Ramos è il miglior marcatore del torneo per il terzo anno consecutivo, un cecchino, anzi un fenomeno di regolarità. Nell’albo dei record ecco che irrompe Louis Bielle-Biarrey trequarti ala eccezionale capace di schiacciare 8 palloni in meta in 5 partite e di superare il precedente primato di Jacob Stockdale fermo a 7.

Proprio LBB è il simbolo di un prototipo di giocatori che stanno infiammando il rugby mondiale grazie ad un repertorio fatto di destrezza, eleganza e qualità tecniche fuori del comune. Parlo di Ange Capuozzo, Blair Kinghorn, Dan Sheehan (l’avanti più prolifico della storia del Sei Nazioni con 13 mete), veri e propri atleti che farebbero la differenza in tanti altri sport.

Non ci sono stati drop, in compenso la contesa aerea rimane una componente fondamentale per sparigliare le carte nelle partite punto a punto.

La dico tutta: si fa ancora fatica a comprendere il senso del cartellino rosso da 20 minuti. Mi sento di esprimere anche una nota di demerito per alcune decisioni arbitrali folli, come il cartellino rosso negato a Peto Mauvaka in Francia-Scozia, la meta annullata a James Lowe in Italia-Irlanda e la richiesta di spostamento del pallone nella trasformazione decisiva di Inghilterra-Scozia.

Infine penso che nei vari ‘best XV’ manchino troppo spesso Francois Cros e Darcy Graham, e che la differenza di audience tra la partita Italia-Irlanda (seguita da 532.000 telespettatori) e Francia-Scozia (seguita da 9,5 milioni di telespettatori) sia il dato più eloquente sulla distanza siderale che dobbiamo percorrere per allinearci agli standard commerciali di uno sport sempre più assetato di denaro.