In ogni sport, in ogni nazione c’è una squadra costretta a convivere con l’obbligo di vittoria. Sono quei club che per un mix di ragioni storiche, culturali ed economiche rappresentano il vertice di un intero movimento.
Nel nostro piccolo mondo ovale, quando in Italia si parla di rugby al top, questo ruolo è affidato di default al Benetton. Seppur fuori dalla massima competizione nazionale denominata Top 10 ormai da una decina d’anni, nessuno può chiudere gli occhi di fronte al fatto che i biancoverdi rappresentino la realtà più strutturata, competitiva e vincente degli anni 2000.
La sfida finale di Rainbow Cup in programma sabato 19 giugno ci obbliga a fare i conti con un anno 2021 piuttosto bizzarro che ha visto Treviso in versione Dr Jekyll e Mr Hyde: prima sempre perdente, poi sempre vincente.
A conti fatti il big match intercontinentale è un’occasione ghiotta per risollevare in senso assoluto la stagione dei leoni, ma è anche una grossa opportunità per dare una scossa a tutto il 2021 del rugby italiano.
Emergono una serie di elementi che spingono a considerare la gara fra Benetton e Bulls come un vero e proprio D Day.
Intanto si giocherà davanti ad una buona cornice di pubblico, per giunta nel fortino del Monigo, poi si arriverà alla chiusura di una settimana di attesa spasmodica che dalle parti di Treviso non si respirava da molto tempo.
Per non parlare dell’avversario che, dopo anni di confronti poco avvincenti con l’armata Brancaleone dei Southern Kings e con i discontinui Toyota Cheethas, si presenta a Treviso con le credenziali di chi ha fatto davvero la storia del rugby sudafricano.
Certo, i Bulls sono favoriti, ma sono anche una squadra priva di molti elementi titolari che dovrà fare i conti con il torrido sole del belpaese. Particolare molto rilevante.
Mettiamoci anche che la nazionale a giugno non giocherà, che la Rainbow Cup ha ridato vita ad un ambiente demoralizzato da assenze, infortuni e complicazioni pandemiche, ed ecco che il match di sabato assume i contorni dell’evento potenzialmente storico.
La ciurma di Kieran Crowley è al termine di un ciclo che, al netto di un rapporto vittorie/sconfitte statisticamente negativo, può comunque definirsi importante. Il Benetton degli ultimi 5 anni ha raccolto per la prima volta nella sua storia (e in assoluto nella storia delle franchigie FIR) sia i play – off di Pro 14 che i quarti di finale di Challenge Cup.
(ne parliamo nel consueto appuntamento settimanale con il Podcast Quindici.)
Due risultati che si sommano ad alcune vittorie prestigiose come quelle con gli Harlequins in Challenge Cup 2018/19, oppure con il Connacht poi campione celtico nella stagione nel 2015/16, o la vittoria per 15 a 17 in casa del Leinster nel 2018 bissata un anno dopo con il pareggio per 27 a 27 sul difficile campo della RDS Arena. E mi fermo a quei successi che la memoria mi consente di ricordare, altrimenti ripescando le prestazioni del passato più lontano spunterebbero fuori alcune partite esaltanti dell’era Franco Smith che in Italia si sono viste raramente.
(I primi anni di Celtic League corrispondono ad alcune fra le affermazioni più importanti del Benetton su scala continentale)
Dunque Treviso un pedigree europeo se lo è meritatamente costruito, ma adesso deve fare di più perchè con le debite proporzioni la squadra griffata Benetton è la Vecchia Signora del rugby italiano, il XV che mette sul campo una passione cittadina visibile in molti anfratti del capoluogo della Marca, in primis da quella rotonda con i pali conficcati al centro dell’aiuola che campeggia a pochi metri dal Monigo e che tutti i bambini partecipanti al Torneo Topolino si ricordano benissimo perché in altre città d’Italia non c’è.
E allora, complice il tramonto di quell’egemonia polisportiva mantenuta per gran parte degli anni 90, dopo aver riposto nel cassetto le velleità milionarie di Formula Uno e Volley, a Treviso lo spazio per primeggiare su scala internazionale oggi come non mai ha la forma bislunga di un pallone da rugby.
Avanti Leoni, fate l’impresa e consentiteci di dire orgogliosamente che il nostro rugby è più forte di quello che sembra.