La migliore Inghilterra degli Anni Venti

Contro il Galles il più bel rugby da un anno a questa parte

Ehi, mates (come direbbe Eddie Jones)! Questo articolo compare anche nella nostra Guida al Sei Nazioni 2021, il diario/zibaldone/rivista in continuo aggiornamento con news e approfondimenti sul torneo, dateci un’occhiata.


La partita persa dall’Inghilterra contro il Galles sabato 27 febbraio è stata la miglior gara in attacco della squadra di Eddie Jones da dopo l’interruzione del Sei Nazioni 2020 a causa della pandemia globale.

Il XV della Rosa era tornato in campo il 31 ottobre scorso contro l’Italia, a Roma, battendo la squadra di Franco Smith in uno scialbo 5-34 che aveva confortato più i disperati tifosi Azzurri che non quelli inglesi, ancora scossi dalla cancellazione della partita contro i Barbarians per colpa di un gruppetto di trentenni che si erano comportati da ragazzi discoli sotto la guida di Chris Robshaw.

La vittoria era valsa la conquista del Torneo da parte della finalista della Rugby World Cup 2019, che avrebbe poi messo in bacheca un altro trofeo: la Autumn Nations Cup, conquistata giocando un rugby piuttosto avaro di emozioni, basato quasi esclusivamente su un gioco tattico asfissiante, nessun rischio preso con il pallone in mano e la fiducia nel riuscire a portare a casa le partite anche se di un pugno di punti appena.

Dopo che un approccio simile è naufragato durante la prima uscita del Sei Nazioni 2021 contro la Scozia, Eddie Jones e il proprio staff tecnico hanno deciso di accelerare l’implementazione di un piano di gioco rinnovatamente propositivo. Scenario perfetto per il test di prova: Twickenham Stadium di Londra contro la squadra più debole del Torneo, l’Italia. Esito: appena soddisfacente.

Molto meglio è andata contro il Galles, se si prendono in considerazione esclusivamente gli aspetti offensivi della prestazione inglese. Un fatto che può sfuggire se ci si ferma a un risultato certamente deludente e a una prestazione complessiva al di sotto dello standard.

Nei soli 13 palloni giocati in attacco dall’Inghilterra c’è una parte di merito del Galles, che ha fatto la scelta strategica di non calciare mai il pallone in rimessa laterale. Solo una vola un box kick di Hardy è finito fuori su un rimbalzo accidentale, ma era indirizzato per rimanere in gioco. In questo modo i gallesi hanno tolto all’Inghilterra la piattaforma offensiva preferita (solo 5 RL in tutta la partita, di cui una persa)

Questa tabella riassume i 13 palloni giocati in attacco dall’Inghilterra durante la partita. Ogni volta che ha attaccato la nazionale inglese è riuscita ad avanzare di almeno una zona sul campo, sempre. Nonostante l’efficacia in termini di punti per entrata nei 22 metri non sia molto alta, l’efficacia del gioco generale è stata molto buona, tanto che l’Inghilterra è riuscita a rimettere in piedi una partita che sembrava già compromessa dopo il controverso 17-3 segnato da Liam Williams a favore del Galles.

Non possiamo fingere che effettivamente la direzione arbitrale non abbia influito sul parziale della prima mezz’ora di gioco. Il capo degli arbitri internazionali Joel Jutge ha fatto sapere in giro che Pascal Gauzere avrebbe ammesso l’errore nel caso di questa segnatura (è in-avanti di LRZ). La prima meta è corretta a termini di regolamento, ma è quantomeno improvvido da parte di Gauzere far riprendere il gioco in quella situazione: è il primo a non aspettarsi che il Galles possa giocare. Se rivedete l’azione fateci caso: nemmeno il cronometro riparte sul calcio di Biggar nonostante l’arbitro abbia fischiato il time on

A tratti, l’attacco inglese è sembrato inarrestabile. In particolare nel terzo quarto di partita l’Inghilterra ha espresso un gioco non solo fluido e convincente, ma anche esteticamente piacevole.

Jonny May ha appena recuperato un calcio alto di Ford in territorio avversario. Palla spostata lontano, bell’incrocio di Watson. Seconda linea d’attacco giocata perfettamente e in due fasi May è già vicino ai 5 metri avversari. Itoje tiene alto il ritmo, Youngs ipnotizza Wyn Jones e segna: 24-24. Molto bello, ma è l’inizio della fine

A questo ha contribuito la partita mostruosa di Billy Vunipola, ball carrier da 116 metri, pari a quelli dell’estremo Elliot Daly, e 5 difensori battuti. Il collettivo si è mosso bene in generale (59% delle carries oltre la linea del vantaggio), eccezion fatta per i tre palloni persi malamente, due da Daly e uno da Curry, che mettono in evidenza quali siano stati i problemi che hanno costretto l’Inghilterra alla sconfitta.

Tom Curry è reo di una netta entrata laterale su un pallone avanzante all’interno dei 22 metri avversari molto promettente. Uno dei 14 calci di punizione comminati al XV della Rosa.

Quattordici è un numero certo alto, ma è ancora più interessante notare la distribuzione delle indiscipline inglesi, la causa primaria del naufragio di sabato.

fonte: AWS

I calci di punizione fischiati all’Inghilterra si concentrano nel primo e nell’ultimo quarto di partita, quando la partita sostanzialmente naufraga: nei primi 20 l’Inghilterra consente al Galles di scappare regalando possessi nella propria metà campo, negli ultimi 20 allo stesso modo l’Inghilterra, dopo il pareggio di Youngs al 61′, si autodistrugge regalando quattro calci di punizione peraltro piuttosto gratuiti.

Proprio la gratuità di certe infrazioni sorprende, segno di un’Inghilterra che non è in controllo dei propri istinti, della propria voglia di ribaltare situazioni negative. Ne è un esempio anche l’entrata laterale piuttosto clamorosa di Jonny Hill al 48′, quella che poi consente a un brillante Kieran Hardy di sorprendere gli avversari giocando veloce e andando a segnare.

Un altro grave segnale, quello di farsi trovare impreparati su una giocata del genere, di una situazione psicologica e attitudinale intricata.

Anche nel caso di Hardy, una delle distrazioni più clamorose è quella dell’estremo Elliot Daly, autore anche di due in-avanti in attacco.

Un’intervista al termine di Inghilterra-Galles della quale si è parlato molto, per le ragioni sbagliate (la giornalista è stata ricoperta di insulti sui social). Owen Farrell ha poca voglia di parlare dell’arbitraggio e si difende bene: “Parliamo di quello che possiamo controllare […] prendere meno calci di punizione è un compito di tutta la squadra.” Ma diamo anche a Cesare ciò che è di Cesare: a una prestazione deludente dell’Inghilterra ha fatto da contraltare un’ottima gara di un Galles molto cresciuto in tutte le situazioni di gioco, soprattutto in chiave offensiva. Quindi, forse, questo articolo ha sbagliato squadra?

Sulla stampa inglese infuria la polemica sulle selezioni di Eddie Jones, colpevole di continuare a dare spazio a giocatori come Daly che ad oggi non hanno giocato un solo minuto di rugby con il proprio club nella stagione 2020/2021.

La correlazione fra i due fenomeni non è forse così diretta, ma è innegabile che un certo numero di atleti del XV inglese non stia performando come ci aveva abituato a fare. Billy Vunipola non è nel suo momento migliore, ma riesce comunque a mettere insieme i numeri pantagruelici che abbiamo visto, il fratello Mako è meno onnipresente che in passato in fase offensiva, ma si guadagna la pagnotta. Maro Itoje francamente non sembra patire la mancanza di minutaggio, anzi. Il problema della sua prestazione sono stati i 5 (!) calci di punizione comminatigli. Tuttavia si tratta di un giocatore che gioca costantemente al limite e che di questo fa la sua forza: effettivamente un paio di fischi di Gauzere avrebbero potuto tranquillamente andare a suo favore in altre circostanze, e ne avremmo tessuto le lodi. Questo tipo di prestazioni non dovrebbero influenzare il suo approccio alla partita, che è quello che lo rende così speciale.

Elliot Daly, invece, fatica decisamente a dare una qualsiasi motivazione alla propria selezione. Tom Curry è stato il miglior placcatore della partita, ma è un giocatore in difficoltà, lontano parente del drago a tre teste che conoscevamo.

A fronte delle loro prestazioni, che non sono nuove, Eddie Jones non solo ha scelto di confermare loro fiducia, ma non ha pensato neanche di dare un’occasione ai finishers, dimostrando ben poca fiducia nella propria panchina: Ben Earl e Dan Robson hanno giocato 10 minuti, Max Malins 6, Will Stuart e George Martin non sono neanche entrati.

Avendo fatto scelte discusse per motivi che è difficile non ricondurre a questioni di principio (avete sentito parlare di Sam Simmonds, no?), adesso inevitabilmente l’head coach è chiamato a rispondere delle sue selezioni. Chissà se ora che il Sei Nazioni è praticamente andato non ci sarà l’occasione per vedere qualche volto nuovo: conoscendo l’australiano, non sarà questo il caso.