Domenica 14 febbraio Benjamin Urdapilleta ha infranto il record di punti individuali del Top 14. Nella sfida della sedicesima giornata, Montpellier ha dovuto cedere ai colpi a ripetizione del regista argentino, capace così di mettere a referto 33 punti complessivi frutto di due mete, quattro trasformazioni e cinque calci di punizione.
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Una bella storia quella di Urdapilleta, numero 10 che oltre a fare furore in Top 14 non è mai riuscito a sfondare definitivamente in nazionale, un po’ snobbato, un po’ sottovaluto, ma sempre in cima nelle classifiche dei marcatori.
Di atleti così performanti con il club e poi marginali sulla ribalta internazionale a dire il vero ce ne sono tanti, nel rugby come in molti altri sport di squadra. Basta fare rewind e tirare fuori dal cilindro quel Roberto Mancini che negli anni 90 ha incantato il calcio di serie A fra colpi di classe e leadership da vendere, senza trovare poi la stessa fortuna del blucerchiato in azzurro.
Direttamente dai tabloid d’Inghilterra un lunedì si ed uno no assistiamo alla telenovela ‘Sam Simmonds’. Un carro armato di rara efficacia che ormai sembra più pronto per i British&Irish Lions piuttosto che per la nazionale inglese. Anche per lui il campionato e le coppe sembrano essere le uniche platee concesse. Purtroppo aggiungiamo noi.
Di aperture a questo punto nemmeno a parlarne: quanti cosiddetti club players hanno fatto le fortune delle migliori squadre europee senza ottenere la ribalta internazionale? Da Stephen Myler (1800 punti a Northampton) passando a JJ Hanrharn del Munster fino al grandissimo clermontois Brock James, esiste una lista di giocatori che trovano terreno fertile nel microcosmo dei club, diventandone icone, beniamini e talvolta leggende pur senza riuscire a conquistare il cuore dei commissari tecnici.
E ci fermiamo a questi tre cavalli di razza per non allungare una lista di uncapped o poco capped che sarebbe lunga chilometri.
Tornando in tema, come si fa a non amare Urdapilleta? L’ex giocatore del CUBA (non il pezzo dei Gibson Brothers in cui si balla la salsa, ma il club universitario di Buenos Aires) sembrava arrivato tardi ad ogni appuntamento della sua carriera: calciatore mancato nel River Plate, apertura snobbata agli Harlequins e meteora insignificante con i Pumas.
Le premesse per sfanculare il rugby di altissimo livello e fare il primus inter pares nelle categorie minori del rugby professionistico c’erano tutte. Invece, un poco alla volta, Urdapilleta si è trasformato da oggetto misterioso del rugby di Pro D2 a oggetto del desiderio di Top 14. Sempre lavorando tanto e segnando di più.
Il suo CV comunque prestigioso, non è esattamente da libro cuore, ma la sua è stata una continua rincorsa verso la gloria e le vicende delle ultime ore confermano la tortuosità del percorso. Per stessa ammissione di Urdapilleta a Castres ci sono stati molti dubbi sull’estensione del suo contratto fino al 2022. Forse perché oggettivamente a 35 anni Urda un po’ vecchiotto lo è davvero, forse perché nonostante le vagonate di punti messi in cascina su di lui permane un certo scetticismo di fondo.
Eppure proprio a Castres di fedeltà e longevità se ne intendono. Da Romain Teulet, le petit robocòp, che nel Tarn ha realizzato più di 2900 punti in 13 stagioni, fino al pilastro uruguagio Rodrigo Capo Ortega ritirato dall’attività dopo 18 stagioni consecutive, sembra che da quelle parti i processi di invecchiamento arrivino più tardi che altrove.
Contratto a lungo termine o meno, Urdapilleta certifica uno stato di forma eccellente che va avanti da anni. Protagonista assoluto dello scudetto 2017/18, nei 9 anni francesi fra Oyonnax e Castres è diventato il miglior marcatore argentino di tutti i tempi in Top 14. Il record di punti personali in un singolo match è solo un ulteriore timbro di qualità che stride con i soli 16 caps internazionali.
A dire il vero Mario Ledesma si è ricordato di lui. Durante la RWC del 2019 il back up di uno spento Nicolas Sanchez è stato proprio Urdapilleta, bravissimo a crederci fino in fondo e a riconquistare il suo piccolo spazio dopo 6 anni privi di caps. Oggi a 35 anni è uscito definitivamente dall’ecosistema dei Pumas, ma lo ha fatto con all’attivo 4 gare su 4 al mondiale giapponese. Una riabilitazione tardiva per chi già nel 2015 scalpitava a ragione per entrare nel gruppo albiceleste.
La scheda tecnica è presto fatta. Classico mediano di apertura argentino dal piede caldo, nel corso della carriera ha dimostrato di essere anche un attaccante molto proficuo. El Grinta infatti è un regista intelligente e compensa una struttura fisica tutto sommato ridotta con un software mani/piedi sempre aggiornato. Non sarà una tagliola in difesa, ma pazienza. Ai frombolieri come lui possiamo perdonare anche una scarsa propensione al placcaggio killer.
Unico neo? Aver composto una coppia mediana con Antoine Dupont solo per due stagioni. Con due nanerottoli così dalle parti dello Stade Pierre Fabre ci sarebbe stato da divertirsi a lungo.