Beauden John Barrett, BB per gli amici, come qualcun altro. Nato a New Plymouth 28 anni fa, 29 fra qualche giorno. Le gambe più veloci del West, e un cervello che va di pari passo, almeno finché si applica su un campo da rugby, e deve dar ordine a mani, piedi, braccia, spalle e tutto quanto il resto.
83 caps con gli All Blacks. Prima dei 30 anni, è già l’ottavo miglior marcatore di mete di sempre della nazionale neozelandese: 36, come Tana Umaga. Il record è 62, ma nella top ten ha il miglior rapporto fra mete e partite giocate: 0,43.
E’ il terzo miglior marcatore tout court: primo Dan Carter, recordman di sempre nella storia del gioco (1598 punti); secondo Andrew Mehrtens, uno che viene citato troppo poco spesso nella risma dei grandissimi (967); terzo Beaudie, appunto (649).
E’ fra i dieci All Blacks capaci di segnare almeno 30 punti in una sola partita, fra i 15 che hanno marcato almeno 4 mete in un singolo incontro (Marc Ellis una volta ne segnò 6 al Giappone, alla RWC 1995).
Insomma, probabilmente se siete qui a leggere questo articolo già lo sapevate senza bisogno della rassegna: è un fenomeno. Però mettere in fila i numeri certe volte aiuta ad avere l’impressione vera, tutta d’un colpo, della portata del giocatore di cui stiamo parlando.
L’esordio in nazionale è del 2012: Barrett diventa, nel triennio successivo alla vittoria del mondiale casalingo del 2011, l’arma letale che esce dalla panchina dei tuttineri. Un giocatore rapidissimo, dalle qualità eccezionali, in grado di aprire in due le difese avversarie negli ultimi venti minuti, come un coltello incandescente in una pallina da ping pong.
Tipo.
Fino all’estate del 2016 partirà titolare solamente 8 volte per gli All Blacks, subentrando la maggior parte delle volte come estremo. Da quella posizione risulterà spesso letale, come ha dimostrato su tutte la finale della Rugby World Cup 2015 contro l’Australia.
Poi, dal 25 giugno 2016, test match casalingo contro il Galles in cui segna 26 punti (2 mete, 5 trasformazioni, 2 calci di punizione), diventerà la prima scelta per gli All Blacks con la maglia numero 10. Fino al mondiale 2019: dopo un breve periodo di sperimentazione nel Rugby Championship, Steve Hansen prende una delle decisioni più importanti della sua carriera da head coach dei tuttineri, riportando Barrett a numero 15 e consegnando la 10 al mediano di apertura dei Crusaders Richie Mo’unga.
E’ una scelta che viene ancora contestata a Hansen, soprattutto dai tifosi neozelandesi. Tutti bravi a posteriori, ma la scelta dell’head coach deriva dalla necessità di rimediare all’infortunio di Damian McKenzie. Gli All Blacks hanno passato gli ultimi due anni, all’incirca dal dopo-Lions, a sperimentare un sistema offensivo con il doppio playmaker, per essere sempre in grado di minacciare al meglio due fronti d’attacco e per creare un’asse 10-15 in grado di creare imprevedibili minacce nello spazio lontano dal punto d’incontro.
Quando McKenzie si fa male, Hansen si accorge di non avere un mazzo così pieno di carte. Ben Smith, il principale indiziato per la sostituzione, ha due difetti: il primo è essere un giocatore completamente diverso, un attaccante letale quanto predisposto al soliloquio; il secondo è non essere al top della sua forma nell’estate del 2019.
La soluzione trovata dallo staff tecnico allora è quella di mettere in campo contemporaneamente i migliori giocatori a propria disposizione: BB ha comunque le qualità per essere un estremo di altissimo livello sul palcoscenico internazionale, e il giovane Richie Mo’unga si è dimostrato, vincendo tre titoli consecutivi con i Crusaders, un giocatore di classe eccellente.
Il talento di Mo’unga è un fattore determinante nell’equazione. Con Aaron Cruden o con Lima Sopoaga probabilmente non sarebbe successo lo stesso. Sono due playmaker fenomenali, ma Mo’unga ha delle capacità ulteriori, due in particolare: è un difensore eccellente, tant’è che Hansen lo fa difendere da secondo centro in prima fase, ed ha una fortezza mentale rara per un 24enne alle prime esperienze internazionali.
Flash-forward a maggio 2020. Molte cose sono successe nel frattempo: Beauden Barrett gioca ora nei Blues, ma non ha ancora avuto occasione di esordire. Prima per il riposo post-mondiale, poi perché ci s’è messa di mezzo una pandemia. Ian Foster non ha ancora avuto l’occasione di radunare i giocatori della nazionale, i test match estivi non si giocheranno, ma almeno con l’avvento del Super Rugby Aotearoa potremo vedere BB all’opera con la maglia della franchigia di Auckland.
Per Foster la questione si presenterà diversamente da una banale Beauden Barrett gioca meglio apertura o estremo?
In qualsiasi ruolo si disimpegni, il più vecchio dei tre fratelli All Blacks rimane uno degli assi più portentosi sul palcoscenico del rugby mondiale. Quello che conta è farne il miglior utilizzo possibile, massimizzando le sue qualità all’interno di un contesto che deve dare il risultato più alto possibile nella somma di tutte le proprie parti, non solo nel consentire alla punta di diamante di esprimersi al meglio.
Non essendo un numero 10 tradizionale, ma un giocatore più simile ad un pittore piuttosto che ad un architetto, le sue doti offensive potrebbero continuare ad essere devastanti anche interpretate dalle retrovie, giocando più al largo. D’altra parte, è anche vero che al giocatore più forte della squadra vuoi dare il pallone il maggior nuero di volte che puoi.
Un dilemma di quelli che qualsiasi allenatore vorrebbe porsi. Ian Foster, un uomo scelto come simbolo della continuità rispetto al precedente corso d’opera, ha scelto di metterla così: “Come giocatori, adoro sia Beauden che Richie. Se guardate le partite dove hanno giocato insieme, Beaudy ha avuto altrettanti, se non addirittura più tocchi di palla di Richie. Quando abbiamo giocato con Beaudy a 15 siamo comunque stati in grado di coinvolgerlo in maniera continua in quello che volevamo fare.”
“Questo ha richiesto alcuni adattamenti al nostro modo di giocare, ma adesso siamo in un nuovo anno, in un nuovo corso, e non abbiamo bisogno che i giocatori si fermino a pensare che abbiamo una formula magica che funzionerà in ogni caso. Abbiamo Damian che torna dall’infortunio e una grande crescita in giocatori come George Bridge e Jordie Barrett. Non c’è dubbio che il ruolo di estremo sarà veramente difficile da assegnare.”
Già. Probabilmente anche quello di apertura.