Il Sei Nazioni 2020 del Galles non è stato esattamente un successo. Lo stop imposto dalle autorità poco prima della partita con la Scozia ha di fatto tolto alla squadra di Wayne Pivac la possibilità di riscattare la sconfitta di Twickenham.
I riflettori sul gruppo gallese però non si sono spenti del tutto, anche a causa della querelle fra Alun Wyn Jones e Joe Marler che ha occupato molte pagine delle cronache ovali di oltremanica. Le chiacchiere giornalistiche si sono poi susseguite sul mancato (o semplicemente rimandato) raggiungimento delle 139 presenze internazionali di AWJ .
Il capitano dei dragoni è stato elogiato dal suo coach in una intervista alla BBC dove Pivac ha fatto trapelare un’idea abbastanza suggestiva. AWJ, oggi 34 anni, può arrivare a giocare fino alla Coppa del Mondo 2023.
Semplice omaggio a un grande condottiero o previsione realistica?
La seconda linea degli Ospreys è un grande lavoratore, glielo riconoscono tutti. Ad oggi sembra essere ancora in ottima forma fisica, anche se va detto che sul suo impiego col Galles influisce una gestione oculata delle presenze in franchigia, che nel 2018/19 sono state 10 per un totale di 720 minuti.
Un dato è certo: la carriera di un professionista internazionale ha una durata media che si aggira intorno ai sette anni. I numeri della RFU (pubblicati nel 2016) parlano di un aumento dell’80% dei giorni di stop causati da infortuni di vario genere rispetto alla stagione di inizio analisi che è quella 2002/03. Eppure nonostante il progressivo aumento del tonnellaggio dei giocatori e dei relativi impatti, aumentano anche gli atleti che prolungano la propria carriera ben oltre i 35 anni.
Qualche esempio di atleta virtuoso lo abbiamo visto di recente al mondiale giapponese. Sergio Parisse volato in Giappone a 36 anni non lo nominiamo nemmeno più, ma gli allegri “vecchietti” come Schalk Brits, campione del Mondo con il Sudafrica e Luke Thompson ai quarti di finale con i Brave Blossoms, sono scesi in campo a 38 anni suonati e rappresentano una nuova frontiera del rugby over 30. Anche se il top di gamma, a pura opinione personale, rimane Rory Best che è arrivato a giocarsi la RWC da capitano di una tier 1 a 37 anni, di cui 14 passati a fronteggiare le prime linee di mezzo mondo. Lui ha tirato la carretta davvero, continuando ad essere protagonista sia dell’Ulster che dell’ Irlanda.
Cosa influisce dunque sulla lunga durata di una carriera? Un mix di elementi che servono tutti in egual misura. Si va dalla naturale evoluzione della scienza dell’allenamento, fino al controllo maniacale dell’alimentazione, passando per i famosi anni sabbatici (la messa in formalina di Richie McCaw e Dan Carter ne è un esempio fulgido), per arrivare al fattore ‘fortuna’ che non va mai accantonato.
Se la fortuna aiuta gli audaci, una buona educazione all’allenamento fin dalla tenera età però aiuta i campioni. Come spiegato da Valter Durigon in una intervista rilasciata a ohvale.it, gli sportivi che si sono allenati bene da giovani, seguendo programmi di attività e di recupero costanti nel tempo, sono in grado di raggiungere l’apice prestativo anche ben oltre i 30 anni. Per cui non dobbiamo meravigliarci se a 33 anni Julio Farias Cabello ha giocato nel 2011 il suo primo mondiale con i Pumas senza essere mai stato convocato prima.
Un altro caso di longevità fuori dai canoni è quello di Peter Stringer che oggi ha 43 anni e si allena ancora come se fosse un ragazzino. Ha accumulato 98 presenze con l’Irlanda e ha smesso di giocare solo nel 2018 a 41 anni, non prima di aver accumulato 4 titoli celtici e 2 Heineken Cup e un numero infinito di presenze da professionista. Vederlo su instagram oggi fa venire voglia di posare la birra e alzare un bilanciere.
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E’ per tutti così? Non proprio. A guardare lo stato di invecchiamento di alcuni ex professionisti viene da pensare che aver giocato a rugby non ti aiuterà a tenere i tuoi nipotini sulle gambe senza che possano farti male le articolazioni.
George Chuter, ex tallonatore dei Leicester Tigers e della nazionale inglese appena tre anni fa dichiarava: “Se vuoi arrivare al massimo livello devi fare sacrifici. Devi renderti conto che stai sacrificando la tua salute a lungo termine. Vuoi vivere quei momenti in paradiso, ma sfortunatamente devi fare un patto con il diavolo. ”
Detto da chi ha giocato 440 partite in 18 anni di rugby professionistico ha il suo senso.