“Guai ai vinti” – Brenno
“Vi hanno detto che è bene vincere le battaglie? | Io vi assicuro che è anche bene soccombere, che le battaglie sono perdute nello stesso spirito in cui vengono vinte. || Io batto i tamburi per i morti, | per loro imbocco le trombe, suono la marcia più sonora e più gaia. || Gloria a quelli che sono caduti! | A quelli che persero in mare le navi di guerra! | A quelli che scomparvero in mare! A tutti i generali che persero battaglie, e a tutti gli eroi che furono vinti! | A gli infiniti eroi ignoti, eguali ai più sublimi eroi famosi.” – Walt Whitman
Certe sconfitte sono crudeli, e lasciano cicatrici destinate a tormentare i vinti per lungo tempo. Australia e Irlanda sono uscite ben più che con le ossa rotte dai rispettivi confronti con Inghilterra e Nuova Zelanda. Sono state spazzate via dal campo, come foglie d’inverno su alberi di ungarettiana memoria.
Due giocatori, uno per parte, si sono comunque stagliati nei loro difficili pomeriggi, provando a tenere a galla una barca oramai compromessa. Per l’Australia quest’uomo è stato Marika Koroibete, per l’Irlanda Peter O’Mahony.
Marika Koroibete
Il numero 11 in green and gold è stato in pianta stabile il miglior giocatore dei Wallabies in questa Rugby World Cup. Un torneo che l’Australia incominciava con un briciolo di fiducia recuperato nel corso del Rugby Championship, ma venendo da un quadriennio molto complesso, in cui ha vinto meno del 50% delle partite, ha perso 10 partite su 13 nel 2018 ed ha approcciato il mondiale con 3 vittorie su 5 incontri (contro Argentina, Nuova Zelanda e Samoa).
In particolare la vittoria contro gli All Blacks falcidiati da un cartellino rosso a Scott Barrett aveva ridato grande fiducia all’ambiente, portando a sperare in un rapido cambiamento come quello avvenuto nel 2015, quando l’arrivo di Michael Cheika sulla panchina dei Wallabies aveva ribaltato una situazione complessa portando la squadra fino alla finale iridata.
Stavolta non è stato così: dopo un girone tutto sommato positivo, dove gli australiani hanno dato vita ad alcune delle partite più belle di tutto il mondiale contro Fiji e Galles, si sono trovati di fronte ad un avversario troppo superiore per gli attuali mezzi di Michael Hooper e compagni.
Se il capitano ha recitato fino in fondo il suo ruolo di leader audace e combattivo, il giocatore che però ha spiccato per qualità è stato, appunto, Koroibete. Sua la meta che sembrava riaprire il discorso in apertura di secondo tempo, con una impressionante accelerazione a bruciare Elliot Daly, non proprio uno fermo sulla corsa, colto in colpevole ritardo dall’ala di origine figiana che ha bellamente ignorato il due contro uno, tanta è la fiducia nel suo motore. Sua anche la marcatura annullata per un evidente passaggio in avanti di Hooper che lo aveva visto esibirsi in un coast-to-coast impressionante tagliando tutto il campo per andare a segnare.
What a try from a player I miss watching week to week in Rugby League.
Marika Koroibete.
Freak…..#ENGvAUS #rugbyworldcup2019 pic.twitter.com/LoUl7E2XNs— Rugby League Best Tries Hits and Biffs (@NBiffs) October 19, 2019
In definitiva Koroibete è stato la più pericolosa minaccia alla difesa inglese, e non ha avuto responsabilità sulle marcature avversarie. La sua forma era evidente fin dalle partite precedenti, dallo show contro la Georgia alla partita contro le Fiji. Per la maglia numero 11 nel miglior XV della Rugby World Cup la concorrenza è spietata, ma Marika è un candidato.
Peter O’Mahony
L’Irlanda entra in campo tosta, determinata. Dopo aver cantato a perdifiato Ireland’s call, i giocatori si dispongono sulla linea dei dieci metri della metà campo designata, abbracciati, pronti ad affrontare la haka. Al primo richiamo di TJ Perenara ai propri compagni, i giocatori irlandesi, come un corpo solo, fanno un passo avanti. Il pubblico, sugli spalti dove predomina massiccio il verde, si incendia in un boato talmente ruggente da coprire il frastuono stesso emesso fino a quel momento. Tutto si sta allineando per un grande quarto di finale.
E invece Aaron Smith segna due mete in sei minuti, una al quattordicesimo e una al ventesimo, giusto per mettere in chiaro che lo spettacolo a cui i tifosi hanno assistito altro non era che una overture a una sinfonia in nero, un costante assolo di percussioni destinato a sbriciolare un’Irlanda davvero precaria, vittima di un doppio inghippo: oltre a giocare contro la squadra più forte del mondo nel momento più brillante del loro anno, devono anche avere a che fare con il proprio grigiore.
Peter O’Mahony lineout steal.
Peter O’Mahony turnover penalty.
Leadership there!
— Murray Kinsella (@Murray_Kinsella) October 19, 2019
Ci vuole tutto il cuore e la classe del mondo per emergere da una situazione dove tutti annaspano, alla disperata ricerca di un appiglio in una nave alla deriva nella tempesta. E O’Mahony brilla come una lampada al cherosene nel momento in cui prima emerge a tutta velocità dal primo blocco in rimessa laterale rubando l’ovale, e poi va a vincere un calcio di punizione quaranta secondi dopo costringendo gli avversari al tenuto. Poco importa se Nigel Owens deciderà di punirlo per una pulizia di spalla a tre metri dalla linea di meta avversaria, il munsterman porterà a lungo i segni di questa durissima sconfitta, e forse il suo tentativo di ergersi a frangiflutti contro la marea neozelandese andrà dimenticato: non è però passato inosservato.