Venerdì 23 agosto è iniziato il campionato francese di Pro D2. In campo nella sfida fra Grenoble e Colomiers c’era Edoardo “Ugo” Gori, mediano di mischia italiano con 69 caps all’attivo e un passato decennale alla Benetton Treviso. Una nuova avventura al di là delle Alpi per un giocatore che a 29 anni ha ancora molto da dire al rugby professionistico.
Ugo, pronti, via ed esordio col botto. Il tuo Colomiers ha battuto in casa Grenoble 23 a 20, una delle big del campionato. Hai messo lo zampino nella prima meta dei tuoi, ma più in generale come ti sei trovato ad esordire in Pro D2?
E’ stata una partita divertente. Una trasferta lunga ed impegnativa che alla fine si è rivelata positiva. Siamo una squadra che gioca molto, che attacca in maniera anche un po’ sfrontata e questo lo si vede subito da come siamo stati capaci di rimontare dal 20 a 3 del primo tempo al 23 a 20 di fine partita. A metà della seconda frazione ho trovato un break a centrocampo e poi ho giocato in appoggio con Josua Vici, un trequarti ala figiano molto veloce che ha messo il turbo ed è volato in meta. L’impatto comunque è stato più che buono. Individualmente credo che i giocatori del Pro D2 non abbiano niente da invidiare a quelli del Pro 14. Cosa si percepisce subito è la differenza di approccio alla partita. Se a Treviso mi ero abituato ad affrontare squadre programmate in ogni dettaglio della gara, qui si tende a cercare delle giocate che dipendono molto dall’estro individuale dei singoli atleti. Gli anglosassoni possono giocare anche male, ma se devono rendere il loro gioco strategico per portare a casa la vittoria diventano pragmatici e lo fanno senza badare all’estetica. L’obiettivo di squadra, i punti in classifica, sono davanti ad ogni cosa. Invece, basandomi su ciò che mi raccontano i compagni e su ciò che ho visto nelle amichevoli, il Pro D2 ha una forte vocazione offensiva. Il pubblico vuole le mete e si vuole divertire.
Una nuova vita professionale che parlerà francese per i prossimi due anni con un’opzione sul terzo. Ti sei ambientato bene in città? Come procedono i rapporti con lo staff e la squadra?
Colomiers è un centro tranquillo, molto vicino a Tolosa con cui a livello sportivo prosegue una collaborazione tecnica di lungo corso. Per quanto riguarda la mia nuova vita, posso dirti che ho passato il primo mese a sistemare un po’ le abitudini lontano da casa. La programmazione degli allenamenti è leggermente meno densa rispetto a quella di Treviso, e così cerco di godermi tutte le peculiarità di un’esperienza all’estero. In più non avendo impegni con la nazionale potrò concentrarmi anche sugli studi universitari che negli ultimi anni avevo lasciato un po’ indietro. Per quanto riguarda il rapporto con la squadra e lo staff direi che sta andando avanti in maniera graduale: Lo scoglio della lingua un po’ frena l’efficacia delle comunicazioni. E’ normale che sia così. In ogni caso ho ben chiaro quello che devo fare per conquistarmi la fiducia dell’ambiente: lavorare duro. Nonostante la lunga carriera in azzurro qui sono sempre un giocatore italiano, e sappiamo bene che tipo di considerazione abbiamo all’estero, per cui è bene prima dimostrare qualcosa e poi iniziare a parlare. Solo così potrò in seguito confrontarmi più apertamente magari contribuendo alla crescita del gruppo facendo valere il mio vissuto sportivo internazionale.
In questa nuova avventura ti stai confrontando anche con un contesto iper professionistico. Sembra strano da dire, ma Colomiers in seconda divisione francese non differisce molto da Treviso sul piano economico ed organizzativo. Giusto?
Il rugby francese è una galassia a noi sconosciuta. Qui ci sono 30 squadre che fanno sport professionistico a tutti gli effetti, con tutele per i giocatori, i tecnici e i dirigenti. Se rimani senza contratto hai un sussidio di disoccupazione che ti garantisce il 60% del tuo stipendio. Certo in Italia esiste una realtà professionistica con tutti i crismi, che è Treviso, una vera e propria oasi felice, però più unica che rara. In dieci anni di permanenza con i Leoni ho visto una evoluzione continua che ha portato il club a dotarsi di uno staff completo oltre che molto diversificato per ruoli e competenze. Ad esempio su questo Colomiers non è proprio allineata. Investono molto sui giocatori, un po’ meno sullo staff. I tecnici numericamente sono meno rispetto a Treviso, con l’head coach Sarraute che si occupa anche di curare l’attacco e i trequarti. Abbiamo due consulenti tecnici molto noti al rugby internazionale come Gurthro Steenkamp che lavora con il pacchetto di mischia e David Skrela che invece cura i mediani di apertura, ma non sono due allenatori ufficialmente all’interno dello staff. Il club comunque respira un’aria di grande tradizione grazie ad un palmares che può vantare una vittoria di Challenge Cup nel 1998, una finale di top 14 nel 2000 e una finale di Heineken Cup nel 1999. Tutti risultati ottenuti durante la gestione di Jacques Brunel. Colomiers è una cittadina di 30.000 abitanti con un impianto che può accogliere 11.000 spettatori. Il calore e la passione dei tifosi che arrivano allo stadio per intonare cori e suonare i tamburi sono elementi a cui non ero abituato ma che già mi piacciano molto. Tv e giornali mettono il rugby al primo posto, almeno in questa zona della Francia. Per un giocatore ambizioso è un ottimo luogo dove proseguire la carriera.
Una carriera che per lungo tempo è stata colorata di azzurro. A breve i tuoi compagni partiranno per il Giappone senza di te. Hai partecipato a due Coppe del Mondo e nonostante i 29 anni sei uno dei giocatori più esperti del rugby italiano. Attraverso questa nuova esperienza credi di poter ritrovare la nazionale in futuro?
Quello che mi serve adesso è giocare. Nell’ultima stagione di club ho accumulato 90 minuti totali di partita ed era prevedibile che lo staff di O’Shea non mi convocasse per il Mondiale. Sono venuto a Colomiers perché avevo bisogno di ritrovare gusto a scendere in campo, dovevo riscoprire delle motivazioni che nell’ultima stagione a Treviso, complici gli infortuni, non avevo. L’obiettivo adesso è quello di tornare al livello più alto possibile, sia fisicamente che mentalmente, conscio che se arrivasse una chiamata sarei felice di rispondere. Ho vissuto per tanti anni la pressione dei Test Match internazionali e un periodo di stacco può solo farmi bene. Adesso sono qui per rimettermi in gioco e soprattutto per divertirmi, per riscoprire la passione infinita che ho verso il rugby. Ci sarà tempo per pensare anche al resto.