Centoquarantacinque chilometri sono la distanza che separa la provincia di Trento da Villorba. Chilometro più, chilometro meno. Un tragitto che può essere lungo o breve a seconda di quello che si deve fare, ma che diventa cortissimo quando lo percorri undici mesi all’anno per raggiungere la provincia trevigiana alla ricerca di un sogno chiamato Scudetto.
Giulia Bragante da Padova, terza linea classe 1990, giocatrice tutta grinta e placcaggi del Villorba Rugby neo Campione d’italia è una delle ragazze che quotidianamente programma la sua vita privata e lavorativa intorno ad una passione viscerale, una malattia senza rimedio clinico che si chiama rugby.
Il trasferimento in Trentino Alto Adige per motivi professionali non ha fermato l’ ambizione di giocare a rugby con il suo gruppo di amiche. Non un euro di rimborso, non premi, non caroselli, tanto meno celebrazioni roboanti, piuttosto la ferma convinzione che la squadra viene prima di tutto. Prima della fatica fisica , prima dello stress mentale, prima degli infiniti viaggi verso il campo di allenamento.
“ Non sono l’unica giocatrice che passa delle ore in macchina per arrivare a Villorba. In squadra ci sono altre ragazze che provengono dal Friuli Venezia Giulia, da Gemona e San Daniele, c’è chi si sposta dall’isola veneziana di Burano, chi da altre città del Veneto. Molte di noi indossano i panni delle pendolari dello sport ormai da anni. Siamo un gruppo che ha costruito lo scudetto sulla coesione e gli obiettivi comuni.”
Parlando con Giulia emerge un quadro fatto di impegno e sacrificio che le ragazze del Villorba hanno accettato volentieri, preferendo definirlo più come una scelta di vita piuttosto che come una punizione divina da scontare fra lacrime e sudore. “Ciò che spinge a dare sempre di più non è soltanto l’obiettivo ultimo del tricolore. Siamo persone che hanno scelto di plasmare la propria vita intorno allo sport. C’è chi mette al centro della propria esistenza il lavoro, chi gli affetti personali, noi preferiamo che questa passione viscerale sia un elemento essenziale del nostro vivere.”
Poi sono gli stimoli tecnici a fare la differenza.
“Personalmente imparo sempre qualcosa quando mi alleno e di questo devo ringraziare lo staff che lavora ogni giorno con grande qualità, sempre a caccia del dettaglio che fa la differenza. A Villorba c’è un progetto tecnico molto serio, dove la ricerca continua di un gioco espansivo è il vero motore che ci spinge a migliorarci. “ E come darle torto? Nella finale con Valsugana le ragazze in gialloblù si sono rese protagoniste di una prestazione imponente. Il rugby votato all’attacco è stato il marchio di fabbrica del Villorba targato 2019 e la finale di Calvisano non ha fatto eccezione. Sempre efficaci nel mantenere il possesso del pallone, le ragazze allenate dai coach Tonetto e Zizola hanno finalizzato la buona prova nelle fasi statiche con le marcature firmate dalle velocissime frecce del proprio arco che hanno il nome di Aura Muzzo, Manuela Furlan e Sara Barattin. Tre ragazze che compongono l’architrave della nazionale azzurra più forte di sempre.
Il viaggio nell’universo del Villorba Campione d’Italia è anche e soprattutto una fotografia del movimento femminile italiano. Un rugby che sull’onda degli splendidi risultati delle azzurre nel Sei Nazioni 2019 ha fatto molto parlare di sé, ma che garantisce prestazioni egregie già da anni, grazie ad una nazionale che in poche semplici parole è veramente forte.
Questa premessa non deve farci cadere nel tranello tutto italiano che spinge la massa a saltare sul carro dei vincitori. Un carro dove a scendere si impiega sempre molto meno tempo di quanto non si impieghi a salire. I problemi infatti sono tanti, a partire dalla competitività di un campionato che trova equilibrio solo nella fase play-off. Parlando con Giulia emerge un sentire comune. “Dal mio punto di vista credo che esista ancora un deficit culturale che rallenta lo sviluppo del rugby femminile. Il nostro sport è molto complesso soprattutto in fase di preparazione. Non bastano l’entusiasmo e la passione che sicuramente ogni tesserata italiana in cuor suo ha. E’ fondamentale che ogni giocatrice si focalizzi sul miglioramento delle proprie capacità attraverso il lavoro tecnico e fisico. In questa stagione che ci ha portato allo scudetto ci siamo allenate molto, integrando anche sedute individuali che richiedono una forte carica motivazionale. Certo, nei giorni di festa come Natale e Pasqua ti viene voglia di maledire la tua preparatrice e il suo programma di ripetute, ma poi quando ti senti più veloce, più forte negli impatti e più reattiva nella comprensione del gioco capisci che non esistono scorciatoie per migliorare.”
E i dati sul pubblico? Non sono l’unico metro di giudizio per la crescita di un movimento, ma ci danno la misura per capire se il seguito per le ragazze del rugby è realmente cresciuto oppure è un fenomeno passeggero. I 2000 spettatori della finale italiana fanno storia a sè, ma sono un rilevamento interessante perché riflettono due realtà come Villorba e Valsugana che sono state capaci di costruire un progetto femminile perfettamente integrato nella vita del club. Certo, va considerata la collocazione geografica che mette sia il Villorba che il Valsugana al centro di un segmento Padova – Treviso fra i più ovali d’Italia, per storia , competenze e passione, ma nel 2018 con le ragazze del Colorno in finale non andò poi tanto diversamente. E alla fatidica domanda sui rapporti di forza fra maschi e femmine all’interno della società, Giulia non ha dubbi. “Villorba è un club che ci considera una risorsa paritaria alle altre. Si lavora molto sulla crescita delle bambine del settore giovanile e questo consente alla squadra seniores di guardare al futuro con ottimismo. Sono convinta che i nostri risultati siano un motivo di orgoglio per tutto lo sport trevigiano. In tre anni siamo diventate sempre più competitive, prima quinte, poi terze e una settimana fa campionesse. Oggi siamo una realtà che ha saputo ritagliarsi spazi importanti nelle gerarchie del rugby locale.”
Il Villorba griffato Iniziative (uno sponsor il cui nome mi incuriosiva e che rappresenta un’eccellenza italiana nella realizzazione di gadgettistica) si gode uno scudetto storico, meritato, ricco di storie umane che per raccontarle tutte servirebbe un libro. Noi invece ci limitiamo a dare un piccolo spazio di approfondimento dedicato a delle persone normali che sul rettangolo di gioco fanno cose speciali. Il passo successivo è sostenerle esattamente come recita un mantra del Partito Radicale: “amateci di meno ma votateci di più”. E’ arrivato il momento di ispirarci ad uno slogan elettorale per diminuire i complimenti e riempire sempre più campi da rugby di giocatrici e di tifosi.