E’ il settantanovesimo minuto del quarto di finale di Heineken Cup fra Leicester Tigers e Bath, annus domini 2009, quando sulle tribune del Welford Road i tifosi di casa si infiammano di una insperata gioia liberatoria. Un giovanotto francese di Perigueux che risponde al nome di Julien Dupuy ha appena tirato fuori dal cilindro una magia che proietterà le tigri inglesi verso la semifinale del Millenium Stadium con i Cardiff Blues. Un pallone che esce da un break down, una sorta di piroetta su se stesso e poi via, attraverso il pertugio regalato dalla difesa disattenta di Bath, colpevole nel lasciare l’asse del raggruppamento scoperta. Partita in bilico spezzata da un assolo di chi non ti aspetteresti mai. Punteggio 20 a 15 e Bath eliminato.
Dupuy è il giocatore più sorprendente di quell’edizione di Heineken Cup ormai lontana dieci anni. All’interno di una squadra piena di campioni, con un compagno di reparto scomodo come Harry Ellis, le gesta istintive e per nulla banali del mediano di mischia cresciuto in Dordogna diventano un insperato X factor per la corrazzata inglese. Alla fine della stagione 2008/2009 arriverà un titolo inglese e una sconfitta in finale di Heineken Cup vinta dal Leinster. Non male per un ragazzo di 25 anni alla prima vera esperienza di caratura internazionale della sua carriera. Prima di Leicester solo sei anni all’ombra della bandiera basca Dimitri Yachvili.
Il suo profilo è tornato di attualità a dieci anni di distanza, quando i media anglosassoni hanno ricordato la semifinale fra Leicester e Cardiff Blues in cui sempre Dupuy fu suo malgrado protagonista. In un match concluso alla lotteria dei calci piazzati dopo che un tiratissimo 26 a 26 aveva scandito i tempi regolamentari (un episodio storico e mai successo in coppa), il francese realizzò 16 punti prima di essere sostituito a una manciata di minuti dalla fine. Richiamato in campo, al fine di sfruttarne le capacità al piede in vista dei probabili calci piazzati, Dupuy non si trova. La blood substitution per l’infortunato Hipkiss è pronta ma Dupuy non c’è. Leggenda vuole che il francese si fosse appartato per fumare una sigaretta, in mutande e con una birra, ormai sicuro di aver dato tutto alla causa della sua squadra. A raccontarlo è Richard Cockerill, suo head coach dell’epoca.
Ciò che appare evidente è la natura non convenzionale del giocatore. Mediano di mischia dal fisico normale, con un look molto più vicino a quello di uno studente erasmus uscito dal Pub dopo una festa di laurea piuttosto che da numero nove dei seriosi Tigers di Leicester, Dupuy ha comunque avuto la capacità di giocare su standard piuttosto elevati fino al 2018, anno del suo ritiro. Atleta eclettico, ben disposto al gioco del piede e a dettare i ritmi dell’attacco con grande fantasia, ha forse raccolto in carriera meno di quanto meritasse. Dopo la stagione della consacrazione a Leicester è passato allo Stade Francais, conquistando poco prima anche la nazionale francese. Nell’estate del 2009 si prende una maglia per il Tour in Nuova Zelanda dove i galletti battono gli All Blacks per 27 a 22 grazie anche ai 15 punti di Dupuy. Le sue presenze con i Blues però sono poche e il folletto di Perigueux, chiuso da Yachvili e Parra,concluderà la sua carriera internazionale con 8 caps totali.
A livello di club però si toglie più di una soddisfazione. Campione di Francia con Biarritz, Leicester e Stade Francais, avrà poi l’opportunità di conquistare una Challenge Cup a Edimburgo nel 2007 sempre con i parigini.
Rimasto nei quadri tecnici del club in rosa, non tarda a far parlare di sé. Nel gennaio 2019 viene epurato dal ruolo di Skills Coach che ricopriva all’interno dello staff di Heineke Meyer. Voci di corridoio parlano di una netta incompatibilità fra il rigore sudafricano di Meyer e lo stile scanzonato, molto più vicino ai giocatori, tenuto da Dupuy. Dunque una carriera da allenatore momentaneamente ferma a causa di una condotta che l’ex Direttore Spotivo dello Stade Francais Richard Pool Jones ha riassunto in poche parole: “Julien è un guastafeste, latino, eccessivo, molto bravo come tecnico e anche al momento dell’aperitivo. Questo aspetto rappresenta il suo peggior nemico.”
A noi piace ricordarlo in campo come il classico giocatore genio e sregolatezza, poco attento al protocollo e distante anni luce dal prototipo del rugbista iper palestrato 2.0. Au revoir Julien.